UPR: nuova frontiera dell'Economia Circolare
Redazionale
Oltre l’EPR (extended producer responsibility) esiste una nuova frontiera: l’UPR, Ultimate Producer Responsibility, ossia la responsabilità finale del produttore su tutta la filiera del recupero degli scarti.
L’Economia Circolare ha infatti un vizio di fondo, che è emerso in tutta la sua crudezza nei numerosi reportage internazionali che hanno denunciato il vero destino dei rifiuti tessili, elettronici di altro tipo registrati come “recuperati” ma in realtà inviati a filiere extraeuropee non controllate dove sono comuni gli smaltimenti illeciti in discariche non controllate, oppure nel mare e nei corsi d’acqua. Per quanto riguarda gli abiti usati, dal 2021 a oggi hanno fatto scalpore le immagini dell’immensa discarica abusiva nel delicato ecosistema del deserto di Atacama in Cile, riempita di scarti provenienti da esportazioni europee statunitensi, il reportage The Dead White Man Clothes, della televisione australiana ABC News, che mostra che quasi il 50% degli abiti usati importati in Ghana dall’Europa viene buttato in mare, e la docuserie italiana Junk-Armadi pieni di Sky che analizza il problema in Cile, Ghana, Bangladesh, Indonesia e India. Un problema che Leotron, grazie alla sua conoscenza di tutti i rami del settore, segnala già da tempo (vedere ad esempio l’articolo “Abiti usati: la terra dei fuochi è migrata nei paesi poveri”).
Sugli elettrodomestici l’andazzo è molto simile e a creare scandalo sono state nel 2011 le immagini della grande discarica di Agbogbloshie, sempre in Ghana, dove i RAEE (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) importati dall’Europa venivano cannibalizzati dall’economia informale senza alcuna cura nello smaltimento degli scarti e delle sostanze chimiche pericolose, che andavano quindi direttamente a colpire la salute dei waste pickers e a inquinare il ciclo dell’acqua. Nel 2019 Greenpeace e Basel Action Network hanno rincarato la dose piazzando piazzando 314 GPS su altrettanti RAEE in dieci paesi europei, tra i quali l’Italia, scoprendo che parte di essi sono esportati illegalmente fuori dall’Europa. Nel 2020 l’Agenzia delle Dogane ha ammesso che più del 60% dei RAEE raccolti in Italia è gestito irregolarmente, in filiere che sono fuori controllo. L’esperimento dei GPS è stato ripetuto nel 2023 da Erion, che ha rilevato filiere irregolari nel 40% dei casi.
“La parte più indignante di questi fenomeni è che riguardano flussi che sono ufficialmente registrati sotto le voci differenziata e recupero” commenta il Direttore dell’Osservatorio del Riutilizzo Pietro Luppi. “Questo significa che lo sfacelo entra nel computo dell’economia circolare, e che a livello pubblico e privato c’è chi ostenta il raggiungimento di importanti risultati ecologici senza curarsi minimamente di cosa accade veramente con i rifiuti. Sono stato testimone oculare di roghi di abiti usati in India e in Mozambico, e in tutti i casi la provenienza dei rifiuti erano le raccolte differenziate europee”.
A proporre per primi la definizione di Ultimate Producer Responsibility (UPR) sono stati nel 2022 gli accademici Thapa, Vermeulen, Olayide e Deutz nel brief finale di un progetto portato avanti con l’Università di Utrecht e l’Università di Hull grazie a fondi dell’Unione Europea. La definizione di UPR è la seguente:
La responsabilità finanziaria dei produttori di raccogliere e recuperare in base al più alto valore preservabile possibile (gerarchia dei rifiuti), indipendentemente dalla zona geografica dove il prodotto a fine vita viene raccolto e riciclato. Ciò implica che i produttori debbano garantire la tracciabilità delle filiere sia nei paesi esportatori che in quelli importatori.
Thapa e gli altri autori del brief propongono l’UPR come migliore forma per superare i limiti degli attuali schemi EPR, e citano casi studio africani che dimostrano come, grazie al sostegno concreto di enti appartenenti ai paesi dai quali il rifiuto ha origine è possibile risolvere il problema ambientale a valle delle filiere del recupero. Oggi le proposte di Thapa e dei suoi colleghi sono citate nei position paper ambientali dell’OCSE e sono al centro dei ragionamenti di alcuni tra i principali think tank mondiali dell’Economia Circolare.
“La Ultimate Producer Responsibility” spiega il patron di Leotron Alessandro Giuliani “è un concetto nuovo e rappresenta il punto più maturo del dibattito sulla trasparenza delle filiere del riutilizzo e del riciclo. Un dibattito dove Leotron, assieme agli altri operatori del riutilizzo di Rete ONU, ha un ruolo protagonista da molti anni. Non basta affidare il rifiuto a un operatore della raccolta, e non va bene neanche limitarsi a tracciare il suo percorso fino all’impianto che compie le operazioni di recupero producendo il cosiddetto End of Waste. Per assicurarsi che il risultato ambientale sia autentico occorre controllare e vigilare fino al fondo della filiera, nei canali di riutilizzo o di riciclo che acquisiscono il materiale che non è più considerato rifiuto e che sono, in ultima analisi, i responsabili della sua reimmessa in circolazione. Il costo dello smaltimento dei rifiuti negli ultimi anni in Europa è salito moltissimo, e purtroppo ci sono molti player del settore recupero che pur di non affrontare questo costo sono disposti a infilare spazzatura negli stock che dovrebbero essere riutilizzati o riciclati. Fuori dall’Europa fare la terra dei fuochi è più facile. Ma non bisogna commettere l’errore di accusare gli indiani e gli africani dello smaltimento scorretto. L’origine del problema è qui da noi, in Europa. L’Ultimate Producer Responsibility è l’approccio corretto, perché riconduce il principio di responsabilità agli stessi consorzi di produttori che hanno l’obbligo di garantire il risultato ambientale”.