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Negozi usato e Preparazione per il Riutilizzo:l'integrazione

Martedì 15 Giugno 2021

Alessandro Giuliani

In Italia, finalmente, sarà possibile far sì che gli oggetti riutilizzabili dei quali le persone vogliono disfarsi, tecnicamente classificati come "rifiuti", possano essere preparati per il riutilizzo e reimmessi in circolazione.

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Il pacchetto europeo dell'economia circolare e la sua applicazione normativa in Italia chiariscono infatti che la preparazione per il riutilizzo è a tutti gli effetti un'operazione di recupero dei rifiuti perfettamente autorizzabile nel quadro dei codici autorizzativi esistenti. Lo status di "rifiuto", nonostante questa parola sia semanticamente sgradevole e retrograda, è una cosa buona: infatti ciò che è rifiuto non solo deve obbedire a precisi vincoli e obiettivi in termini di recupero, ma ha anche il diritto di essere recuperato con il sostegno delle tariffe dei rifiuti urbani e dei regimi di responsabilità estesa del produttore. E secondo la gerarchia fissata dalla legge la preparazione per il riutilizzo deve essere prioritaria rispetto a qualsiasi altra forma di recupero. Quindi una enorme quantità di oggetti potrà godere di una seconda vita (a meno che il Ministero della Transizione Ecologica, come purtroppo gira voce, non voglia imporre procedure inapplicabili come ad esempio l'obbligo di riparare gli oggetti che sono già in buone condizioni!).

Nell'incipiente settore della preparazione per il riutilizzo i negozi dell'usato potrebbero svolgere un ruolo decisivo diventando:

  • possibili canali per assorbire le offerte che deriveranno dall' "estrazione" dei "rifiuti" riutilizzabili dai centri di raccolta comunali e dalle raccolte domiciliari di rifiuti ingombranti e dalle successive operazione di "end of waste";
  • possibili micro-impianti di preparazione per il riutilizzo.

Sì, avete letto bene: impianti di trattamento dei rifiuti dentro i negozi dell'usato! In presenza di procedure sicure e semplici, non sarà difficile organizzare i layout e i flussi operativi dei punti vendita per processare i rifiuti che hanno le caratteristiche per essere riutilizzati. E alla luce dell'art. 185 bis della legge 152/06, in presenza di specifiche norme di filiera, i negozi potrebbero anche diventare depositi preliminari per quegli oggetti/rifiuti che non possono essere riutilizzati, semplificando la vita sia ai cittadini che devono liberarsene che ai produttori/distributori di beni nuovi che sono responsabili del loro fine vita.




L'integrazione dell'economia dell'usato nella gestione dei rifiuti offrirà grandi vantaggi:

  • all'economia dell'usato, che riuscirà a intercettare e riutilizzare più oggetti e disporrà di strumenti concreti per essere sostenuta come merita;
  • a chi deve gestire i rifiuti in rappresentanza dei cittadini o in qualità di produttore di beni nuovi, perché grazie all'economia dell'usato potrà raggiungere con maggiore facilità gli obiettivi di recupero imposti dalla legge.

Ma in realtà il vero grande beneficio sarà collettivo, perché moltissimi rifiuti torneranno in circolazione senza provocare impatti ambientali e perché lo stimolo delle micro-imprese dell'usato produrrà ricchezza, posti di lavoro e sviluppo locale.

Per far sì che questo possibile scenario diventi veramente bello e perfetto, a questo punto mancherebbe solo un dettaglio: abolire, una volta per tutto, il termine "rifiuto" sostituendolo con una parola più moderna e degna di appartenere all'era dell'economia circolare. Se questa parola non sarà cambiata, infatti, molte persone continueranno a storcere istintivamente il naso di fronte a operazioni che sono sublimi e pulite solo e soltanto perché esse coinvolgono i "rifiuti". Esiste inoltre il rischio che, anacronisticamente, qualcuno continui a voler "salvare dai rifiuti" ciò che ha un valore senza riuscire a capire che ormai chi vuole (e ha il diritto) di disfarsi dei propri oggetti molto presto potrà trovare proprio nella gestione dei "rifiuti" la miglior garanzia di valorizzazione sostenibile ed ecologica.

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