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Intervista a Irene Ivoi: spinta gentile per la sostenibilità

Martedì 14 Settembre 2021

Irene Ivoi nasce come industrial designer ma ben presto diventa una rinomata progettista di strategie circolari. La sua intelligenza e la sua creatività l'hanno portata a rivedere l'approccio alla sostenibilità. L'attenzione per l'ambiente, la gestione dei rifiuti e i comportamenti ispirati al buon senso possono essere efficacemente raggiunti anche attraverso un metodo individuato solo poco più di 10 anni fa, il nudge. Dalla psicologia prima e poi nell'economia comportamentale esso trova senso: è uno strumento finalizzato a modificare i comportamenti delle persone senza obblighi e senza incentivi economici o sanzioni. Lasciamo la parola direttamente a Irene Ivoi che ci racconta qualcosa su di sé, sul nudge e su come questo metodo può essere applicato in molteplici ambiti della vita, non ultimo la sostenibilità.

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Chi è Irene Ivoi? Raccontaci qualcosa di te.

Ho iniziato a occuparmi di temi ambientali partendo da un percorso formativo che non aveva nulla a che vedere con l'ambiente. Nel 1992 mi sono laureata in industrial design con una tesi sull'economia circolare perché per me era chiaro quanto fosse importante trattare quel tema. Un tema che, a quell'epoca, ancora non era in agenda.

Cosa ti ha spinta a interessarti all'economia circolare negli anni '90 quando ancora nessuno ne parlava?

L'economia circolare era una tematica totalmente scoperta, tuttavia aveva bisogno di essere presidiata poiché già in quegli anni era palese l'esistenza di sprechi e di comportamenti da rivedere. Con una laurea in industrial design, branca che si concentrava principalmente sul product design, ho sentito un forte richiamo verso questa tematica e ho iniziato a occuparmi del ciclo inverso delle merci.

In quale modo pensi abbia inciso la tua formazione in industrial design?

Nel momento in cui studi design ti insegnano a progettare prodotti, ma non solo. Ti insegnano anche a progettare il motivo per cui un prodotto dovrebbe essere comprato, ossia la desiderabilità della merce. In parole povere, si tratta di progettare il desiderio della merce prima della merce stessa, così ho abbracciato la sfida di rendere desiderabile il sostenibile. Se il sostenibile non è pop, democratico e attraente, tu puoi raccontare in migliaia di modi diversi quanto sia giusto ma non sempre questo basta. La mia formazione mi ha permesso di rendere desiderabile anche la sostenibilità. Per farlo ho utilizzato in primis le parole, attraverso la divulgazione e l'informazione con libri e articoli. Dopodiché mi sono concentrata sull'educazione, ho quindi cercato di trasferire questi concetti sotto forma di contenuti educativi a insegnanti e studenti. Ho lavorato tantissimo con le scuole perché all'epoca tutto ciò era considerato ancora di frontiera.




Studiando l'economia comportamentale hai incontrato il nudge. Come lo definiresti?

Progettare comportamenti è la cosa che mi ha interessata maggiormente nella vita. Ho volontariamente scelto di non progettare i prodotti come mi era stato insegnato durante il corso di studi, perché ho pensato fosse più utile progettare i comportamenti. Il nudge è uno strumento in grado di spingerci verso dei comportamenti desiderati. In realtà, è congeniale perché per modificare i comportamenti vengono sfruttati anche i prodotti, ma l'obiettivo di un nudge è sempre e solo un comportamento. Io, quando ho scoperto e studiato il nudge l'ho sentito vicino, ho percepito che mi assomigliava, che eravamo sulla stessa frequenza d'onda.

Come si progetta un nudge?

Un nudge si progetta individuando principalmente l'obiettivo, un po' come in tutte le cose della vita. Se devo progettare qualunque cosa devo chiedermi a cosa serve. Perciò per progettare un nudge è fondamentale porsi un obiettivo e l'obiettivo ideale per il nudge è quello stretto. Ad esempio, progettare un nudge per consumare meno carne rossa è un obiettivo corretto, perché molto specifico. Diversamente, spingere le persone verso una dieta più sana è un obiettivo largo che si abbraccia meno efficacemente con i nudge. I passi fondamentali sono quindi: definire l'obiettivo, stabilire in quale contesto geografico, sociale e culturale si agisce, quali sono le dinamiche sociali, economiche e culturali che lo caratterizzano e quindi qual è il target a cui voglio destinare il nudge, misurare il momento zero per poi misurare il momento uno e valutare l'efficacia dell'azione compiuta, indagare per quale motivo le persone a cui mi rivolgo si comportano nel modo che voglio modificare (valutando ostacoli, vantaggi e benefici attesi), progettare la spinta gentile usando ingredienti diversi tra loro.

Questi ingredienti di fatto sono:

  • la comunicazione, che fa anche leva sul principio della norma sociale;
  • il default, ossia porre le persone in condizione di accettare una scelta di default;
  • il cambio di contesto, cioè modifiche del contesto o del prodotto che mi aiutano ad andare verso il comportamento desiderato.

Qual è il meccanismo mentale alla base del nudge?

Il nudge scommette sul fatto che il nostro cervello agisce viziato da distorsioni, bias in inglese, e euristiche, ossia scorciatoie mentali, che ci fanno commettere degli errori di valutazione, che ci portano spesso verso scelte sbagliate. Tali scorciatoie e distorsioni sono state ben studiate e identificate dagli psicologi del comportamento per cui agendo su una o su più di esse si possono progettare dei nudge di successo. È questo che fa la differenza rispetto a tante forme di comunicazione, promozione, advertising che potrebbero essere identificate come nudge. In realtà non lo sono, i nudge esistono e sono tali solo se agiscono su una o più di queste scorciatoie o distorsioni.



In che modo il nudge può aiutare la sostenibilità? Puoi farci qualche esempio?

La sostenibilità viene considerata una delle aree più interessanti in cui sperimentare spinte gentili, così come la sanità, la prevenzione delle malattie. Per esempio: Se voglio che le persone risparmino acqua durante doccia, progetto un doccino che mi dice quanti litri sto consumando oppure che cambia colore dopo che sono passati 7 o 8 minuti. Quel doccino riprogettato mi aiuta a cambiare il mio comportamento sotto la doccia, perché dal momento in cui cambia colore posso continuare a usare l'acqua oppure affrettarmi e risparmiarla. Lo stesso principio è alla base della famosa scala alla fermata della metro di Stoccolma che, grazie a una particolare installazione, suona quando la usi. In questo modo ti incentiva a usarla al posto della scala mobile. Ciò significa che io designer ho ridisegnato il prodotto per spingere le persone a preferire la scala tradizionale alla scala mobile, se il mio obiettivo è spostare il flusso in quella direzione. Ho usato questi esempi anche nel mio TEDx e nel mio blog pubblico spesso storie esemplificative.

Reputi che il nudge sia più efficace di norme e divieti per condurre le persone verso la sostenibilità, è corretto?

Le norme servono, così come i divieti, gli obblighi e gli incentivi. Tuttavia, vari studi condotti da organizzazioni di rilievo internazionale, quali World Bank e OECD, dicono che questi strumenti ben noti non sempre raggiungono l'obiettivo. Si può allora scommettere di più sull'economia comportamentale sapendo bene che si tratta di metodi aggiuntivi e non sostitutivi.

Il nudge può essere applicato anche ad aziende e organizzazioni, oltre che alle singole persone, per cambiare il mindset di fondo?

Dal momento in cui le aziende e le organizzazioni sono fatte di persone, possono ottenere maggiori successi sulla base di come le persone lavorano. È stato sperimentato che una serie di piccoli nudge volti ad allineare alla vision aziendale i comportamenti dei dipendenti possa incrementare le performance lavorative. I nudge non servono solo per le policy pubbliche, ma anche per migliorare le condizioni di lavoro e quindi le prestazioni delle persone. Persone motivate e convinte agiscono meglio di persone obbligate.

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