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Intervista a HENRY & CO. per la sostenibilità con gentilezza

Martedì 08 Marzo 2022

HENRY & CO. è un’agenzia di comunicazione e design orientata verso la sostenibilità e l’economia circolare con l’obiettivo di supportare le aziende nella progettazione e ri-progettazione dei prodotti e servizi comunicativi. È una realtà nata nel 2013, quando ancora pochi parlavano di sostenibilità e ancora meno erano quelli che la capivano. La spinta iniziale è stata data da un sogno, quello di cambiare il sistema. Il consumismo si stava muovendo verso una direzione troppo estremista e c’era davvero molto da fare. Da qui è nata l’esigenza di portare un cambiamento all’interno delle aziende perché sono loro, in primis, che hanno il potere di attuare una trasformazione. Abbiamo intervistato Antonella Manenti, art director di HENRY & CO., per parlare del lavoro che svolge insieme ai colleghi Alex Crestan e Fabio Venturini, e della loro nuova campagna “Please, Reduce, Reuse, Recycle”.

henry&co

  • Il vostro studio si basa sul metodo del Circular Design Thinking. Di cosa si tratta?

Il Circular Design Thinking è un ampliamento del Design Thinking. È una metodologia nata in America che abbiamo fatto nostra per l’esigenza di partire dalla sostenibilità ma con un metodo alla base. Abbiamo infatti ampliato il metodo originario con tool specifici legati al mondo della sostenibilità. Questo ci ha permesso di affrontare i progetti in modo trasversale, in qualsiasi ambito, avendo una visione olistica del tutto. La sostenibilità non è facile, ci vuole la volontà di intraprendere un percorso con molte tappe, spesso insidiose, che portano anche a scontrarsi con la lacunosa normativa vigente.

  • Secondo voi come si può raggiungere la sostenibilità? E che ruolo giocano le aziende?

Nel lavoro che facciamo con le aziende siamo partiti dal prodotto, quindi dai materiali, perché è l’aspetto più pratico da cui iniziare un percorso verso la sostenibilità. Cambiare materiale di produzione è l’operazione più immediata, da qui la comunicazione è stata una semplice conseguenza. È importante ricordare che la comunicazione gioca un ruolo fondamentale, non è infatti sufficiente sostituire un materiale con un altro. Con comunicazione intendiamo sia quella verso l’esterno sia quella verso l’interno. Noi aiutiamo le aziende a trovare i propri punti di forza e di debolezza, le aziende sono quindi chiamate a fare un lavoro introspettivo, perché sono loro il vero motore del cambiamento. Quest’ultimo deve poi riguardare tutto il sistema, dalle istituzioni, ai cittadini, alle aziende. Il cittadino deve essere instradato dalle aziende, le quali devono essere oneste, etiche e abbandonare la propria avidità. In realtà, molto spesso si commette l’errore di pensare che la sostenibilità non porti profitto. La sostenibilità porta profitto, se la sai fare correttamente. Da qui siamo approdati alla nostra ultima campagna.




  • Qual è il pensiero guida alla base della vostra ultima campagna “Please, Reduce, Reuse, Recycle”?

A causa del periodo pandemico, e di tutta un’altra serie di motivi, c’è stata un’impennata nella domanda di sostenibilità. In questo frangente abbiamo ricevuto tantissime richieste da parte di aziende che, tuttavia, non portavano un reale beneficio né a noi né agli altri. Una riflessione su questa tendenza ci ha portati a lanciare il nostro ultimo messaggio. L’idea delle 3R - Reduce, Reuse, Recycle - non è nostra, ma noi abbiamo aggiunto la parola “Please”, “Per favore”. Vorremmo infatti che le aziende non inseguissero la sostenibilità solo perché lo impone il mercato, ma vorremmo che lo facessero perché lo vogliono. Si tratta di un messaggio condiviso che passa dalle aziende, al cittadino, al consumatore. E il consumatore è una persona, quella stessa persona che ha anche un lavoro in azienda. Alla fine, il messaggio riguarda tutti noi.

  • Come mai avete scelto la forma del messaggio gentile?

Pensiamo che il messaggio di essere più sostenibili non debba essere un dovere imposto dall’alto, questo è il fattore chiave della nostra campagna. Nonostante ci siano delle direttive europee con tempistiche e scadenze, all’interno della singola azienda il cambiamento deve essere realmente sentito. È un percorso che richiede impegno, compromessi e la necessità di un obiettivo da raggiungere. E tutto questo non può essere conquistato con la negatività. Inoltre, ci troviamo in un periodo storico particolare in cui le aziende hanno bisogno di speranza. Il percorso della sostenibilità non è facile e se viene visto come negativo rischia di naufragare. Un po’ di gentilezza non guasta mai.

  • Avete visto un riscontro positivo nelle persone?

Il riscontro più positivo l’abbiamo avuto nelle nuove generazioni. La sostenibilità ha iniziato a entrare nelle scuole e il pensiero dei giovani è naturalmente rivolto all’ambiente. Nelle aziende ci troviamo molto spesso a parlare con persone che hanno dai 25 ai 40. Anzi, quando conosciamo aziende nuove si sorprendono perché siamo tutti giovani. Per noi queste tematiche sono la quotidianità e ci interessano non soltanto dal lato del business ma prima di tutto come persone. Lo stupore che vediamo ci fa capire quanto ancora ci sia da lavorare nelle generazioni precedenti. Per fare questo la comunicazione è fondamentale e non può basarsi solamente sull’apporre un bollino per il packaging green. La comunicazione è l’unica in grado di sensibilizzare la società. E se non si parte dalla sensibilizzazione non si può sperare in acquisti consapevoli. Noi accompagniamo le aziende nel piano sostenibilità sia per quanto riguarda la comunicazione esterna sia quella interna. I team vengono coinvolti in tantissimi modi, dalla formazione al gamification, per far comprendere quanto possano fare le piccole azioni quotidiane dentro le aziende al fine di un cambiamento.




  • Secondo voi, se continuassimo su questa strada, in quanto tempo potremmo raggiungere un futuro più sostenibile?

Purtroppo è impossibile stabilire una data. La strada da fare è ancora molto lunga e piena di ostacoli, soprattutto per il contesto storico nel quale ci troviamo. In questo momento c’è una forte emergenza sul settore dell’energia e del gas, quindi è logico che le aziende siano portate a pensare alla sopravvivenza piuttosto che ad avere un migliore impatto. Dobbiamo però ricordare che il futuro è nelle nostre mani. La direzione è quella giusta anche perché stanno arrivando molti incentivi soprattutto per le PMI, che sono quelle ad aver più bisogno di aiuto per i cambiamenti. Negli ultimi anni abbiamo visto una crescita interessante e abbiamo affrontato progetti molto belli che intervengono a livello di sistema. Uno degli ostacoli maggiori è la normativa, che richiede tempo per essere modificata, con norme del passato che costituiscono un rallentamento al processo di trasformazione. L’importante è che le aziende collaborino per andare nella stessa direzione e sbloccare queste dinamiche. Diversi progetti che abbiamo seguito ci hanno già mostrato quanto la collaborazione tra aziende possa fare la differenza.

Per esempio, abbiamo gestito un progetto tra Mielizia, azienda produttrice di miele, e Neavita, azienda produttrice di tisane, per la salvaguardia della biodiversità delle api. Ci siamo rivolti al target di Neavita, che comprende persone dai 45 anni in su, proprio per raggiungere quel bacino di persone che deve essere maggiormente sensibilizzato.

Un altro interessante progetto a livello mondiale e di sistema è stato quello del recupero pannolini, nel quale siamo stati coinvolti da FaterSmart. Al progetto hanno partecipato aziende del calibro di Pampers che si sono riunite per raccogliere all’interno di SMART BIN i pannolini usati e ripristinare i materiali primari contenuti all’interno, materiali nobili con un valore elevato, per trasformarli in altro. Questo è stato possibile solo grazie all’unione di più realtà.

L’Italia, rispetto ad altri Paesi, ha già raggiunto dei risultati importanti e il consumatore è pronto per aderire a iniziative di questo genere. Mi sento di dire che si dovrebbe lavorare di più a livello di prevenzione. Quando un’azienda lancia un nuovo prodotto dovrebbe pensarlo in termini di eco design, perché il riciclo può sistemare le cose ma solo la prevenzione può risolvere il problema alla radice.

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