Raccolta abiti usati, Euric fornisce numeri e scenari
Redazione Leotron
Euric Textiles, l’associazione di categoria dei recuperatori tessili europei, ha divulgato nel mese di febbraio uno studio intitolato “LCA-based assessment of the management of european used textiles”. Lo studio descrive il funzionamento attuale della gestione dei rifiuti tessili in Europa e il modo in cui il sistema si evolverà in seguito alle politiche ambientali europee. Il principale punto di attenzione di questa analisi sono gli impatti ambientali. Andiamo a vedere i numeri.
Nel 2019, afferma lo studio, l’Unione Europea ha generato circa 5,4 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, che per la maggior parte sono finiti nelle raccolte indifferenziate. Il volume annuo della raccolta differenziata del tessile, infatti, si aggira tra le 1,7 e le 2,1 tonnellate. Ciò che viene raccolto in modo differenziato è destinato destinato a impianti autorizzati di selezione il cui principale output è il riutilizzo (dipendendo dal paese europeo, gli sbocchi di riutilizzo degli impianti rappresentano tra il 50% e il 75% del tessile trattato).
La quota riutilizzabile è composta da varie qualità che sono destinate a mercati di seconda mano diversi. La cosiddetta “crema”, che è la qualità migliore, rappresenta il 5% del totale raccolto. È prioritariamente destinata ai mercati dell’Europa occidentale e, in subordine, a quelli dell’Europa orientale o di paesi extraeuropei.
La “seconda scelta” è invece tipicamente esportata in Europa orientale e Medio Oriente, e nelle sue qualità più basse finisce nei mercati asiatici. Esiste poi una specifica qualità che alcuni big player definiscono “tropical mix”, costituita soprattutto da abiti estivi, che viene destinata all’Africa Subsahariana.
Avviare i rifiuti tessili al riciclo non genera guadagni agli impianti, e quindi si ricorre a questa opzione solamente per i capi non riutilizzabili. Solo quando un rifiuto tessile non è considerato né riutilizzabile né riciclabile si ricorre allo smaltimento (soprattutto incenerimento), dato che per gli impianti di trattamento rappresenta un costo abbastanza alto.
Ma in seguito all’obbligo di raccolta differenziata stabilito dall’Unione Europea, che in Italia è partito nel 2022 e che gli altri paesi dovranno implementare entro il primo gennaio 2025, è da prevedersi un drastico aumento dei flussi differenziati: secondo Euric, nel 2030 il differenziato tessile rasenterà le 9 milioni di tonnellate annue. Con l’aumentare delle quantità diminuirà anche la quota che è possibile riutilizzare e diventerà sempre più importante trovare sbocchi adeguati di riciclo: una situazione che andrà ad aggravare una tendenza già in atto di aumento delle quantità e peggioramento delle qualità. A generare questa tendenza è soprattutto il boom del fast fashion: i consumatori europei acquistano più capi e se ne disfano più velocemente, perché bastano pochi lavaggi a deteriorarli irrimediabilmente. Questi capi non sono riutilizzabili e sono molto spesso fatti di fibre miste difficili o impossibili da riciclare. Chiaro indicatore di questo trend sono i volumi raccolti, ai quali, come mostra il grafico qui sotto, non corrisponde un proporzionale aumento dei fatturati.
In merito all’impatto ambientale delle destinazioni di recupero, Euric dice la sua in un dibattito che, negli ultimi anni, ha sempre più messo in discussione la validità del riutilizzo extraeuropeo, dato che a volte nelle “balle” esportate ai grossisti africani, asiatici e latinoamericani vengono aggiunti scarti che poi sono smaltiti illecitamente in loco (roghi, discariche a cielo aperto, ecc..). Euric, dati alla mano, dimostra che in ottica ecologica il riuso di larga distanza è molto più conveniente del riciclo compiuto in Europa, anche perché l’impatto dei trasporti di lunga tratta, in termini comparativi, incide molto poco.
Ma se dal generale ci si focalizza sul particolare, ovvero sulle singole qualità di riutilizzo, la valutazione comparativa porta a risultati diversi. La “crema”, fatta più spesso di fibre che sono più facilmente riciclabili, si presta a operazioni di riciclo meccanico il cui impatto ambientale è in alcuni casi inferiore a quello del riuso; la ragione di questo gap è dovuta non al processo di recupero in sé, che per il riutilizzo è sempre e comunque più basso del riciclo, ma al “tasso di sostituzione” rispetto ai prodotti nuovi, che per quanto riguarda la crema può essere abbastanza basso, rendendo quindi più interessante, a livello comparativo, il ricorso ai processi produttivi basati sulle fibre riciclate. Per le qualità inferiori alla “crema”, invece, i vantaggi ecologici del riuso superano sempre e di gran lunga quelli del riciclo: si tratta infatti in gran prevalenza di fibre che possono essere riciclate solamente mediante processi chimici di alto impatto. Però, specifica Euric, il riuso è ecologicamente conveniente solo e soltanto quando l’esportazione ai canali della seconda mano non sfocia in smaltimenti incontrollati.
Fonte: elaborazione di Euric Textiles su dati EUROSTAT