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Usato e pregiudizi: com'è cambiata la percezione del riuso

Martedì 20 Agosto 2019

L'usato che conosciamo oggi non è più un sottoprodotto del nuovo, ma una scelta intelligente e astuta di chi vuole liberare spazio in casa e dare nuova vita agli oggetti, e di chi vuole acquistare qualcosa di unico che potrebbe non trovare altrove. Nel corso degli anni, l'usato è diventato un mercato parallelo, dotato di fascino, moda, singolarità e convenienza, tanto che nei paesi anglosassoni si festeggia anche una giornata nazionale dedicata al second hand, e in Svezia è nato il primo centro commerciale dedicato all'usato. In Italia l'economia dell'usato vale 23 miliardi di euro, pari all'1,3% del PIL, ed è cresciuta del 28% solo negli ultimi 5 anni (dati Doxa). Com'è avvenuta questa evoluzione economica e culturale legata al mondo degli oggetti di seconda mano? È davvero cambiato il modo di percepire l'usato, lasciando da parte preconcetti e pregiudizi, per sposare una filosofia sempre più diffusa?

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Dalla botteghe al boom economico negli anni '60


Per capire il modo in cui l'usato si è trasformato, dobbiamo prima ricordarci come funzionavano i consumi in passato. Facciamo un salto indietro nel tempo e torniamo tra la fine dell'800 e l'inizio del '900. Siamo in un periodo storico decisivo: è in questi anni che i negozi fanno la loro prima comparsa, passando quindi dalle botteghe artigiane ai grandi magazzini specializzati nella vendita di abiti confezionati. Pensiamo ad esempio alla nascita della famosa La Rinascente nel 1918, dell'Upim nel 1928, e della Standa nel 1931.

Si tratta senza dubbio di un grande cambiamento per l'uomo, per il suo modo di acquistare e concepire i beni materiali, una metamorfosi che si è manifestata soprattutto negli anni del boom economico, ovvero tra il 1959 e il 1963. Nel giro di pochissimo l'Italia è diventato uno dei 10 Paesi più industrializzati del mondo, uscendo dal primato dell'agricoltura, dove esisteva il monoreddito ed erano ancora molto forti valori come autoconsumo, spirito di sacrificio e soprattutto etica del risparmio.

È con questa enorme svolta che gli italiani scoprono per la prima volta il benessere, dopo aver sperimentato i disastri della guerra e la povertà degli anni successivi. Nella case fanno il loro ingresso frigoriferi e lavatrici, radio e televisori, simboli di una modernizzazione che segna nuove abitudini di consumo. Abitudini influenzate anche dal grande "sogno americano", cioè quello di possedere a tutti i costi l'ultimo modello di qualsiasi cosa fosse sul mercato.

È l'epoca del consumismo, dominato dai mass media e dalla pubblicità martellante che invade la collettività e si appropria di tutto ciò che è pubblico. Chi avrebbe più voluto un oggetto usato, quando ormai esistevano così tante cose nuove, perfette e allettanti, già pronte a diventare un rifiuto con l'arrivo del prossimo modello?




Dai pregiudizi del passato alla consapevolezza di oggi


Il consumismo, dunque, ha generato una violenta frattura tra il nuovo e l'usato, spingendo quest'ultimo verso il concetto di povertà: si acquista usato perché non ci si può permettere il nuovo. Questo sistema si è depositato nella coscienza e nell'inconscio degli individui per parecchi anni, plasmandone personalità, desideri e orientamenti, arrivando a far credere che chiunque comprasse usato fosse una persona non abbiente e appartenente ad un ceto culturale più basso. Una concezione dell'usato che oggi sembra obsoleta e lontana dalla realtà.

Cos'è che ha cambiato tutto questo, allora? Un ulteriore mutamento sociale dovuto ad alcuni fenomeni in particolare:

1. l'arrivo di un nuovo scenario economico critico che ha portato le persone a razionalizzare i propri consumi;

2. l'evoluzione dei consumatori stessi grazie all'avvento di internet e degli smartphone, raggiungendo così la massima disponibilità di informazioni;

3. la consapevolezza che consumi tanto massicci non sono più sostenibili dal punto di vista ambientale;

4. il nuovo spazio conquistato dall'usato: dai mercatini di strada ai negozi belli, puliti e ben organizzati come quelli tradizionali;

5. la qualità e la pulizia dei prodotti esposti: gli oggetti sporchi dei rigattieri sono solo un lontano ricordo che non fa più parte della cultura moderna. Oggi l'usato viene messo in vendita solo in perfette condizioni, già lavato e pulito (spesso è molto più pulito di oggetti nuovi di uso comune).

Ecco quindi che l'usato si evolve, viene riqualificato, vive una rivoluzione che lo porta dall'essere un simbolo di povertà all'essere una filosofia vincente, la migliore per ottimizzare i consumi, per avere qualcosa di cool senza rinunciare alla qualità, per evitare gli sprechi che oggi stanno mettendo in serio pericolo la salute del pianeta. La coscienza di tutto questo ha cambiato il modo di vedere e vivere l'usato, segnando l'inizio di una nuova evoluzione culturale di cui tutti facciamo parte.

Dalla società del possesso a quella dell'utilizzo


Il successo del mercato dell'usato, dunque, non è riconducibile solo alla necessità di risparmiare, ma è legato in larga parte a una dimensione valoriale molto più profonda che guarda al consumo critico ed etico. Un consumo che pone l'accento sulla cura dei prodotti, la riparazione e la vendita nel mercato dell'usato. Un consumo legato alla sostenibilità, alla presa di coscienza che non si può più continuare a produrre e smaltire senza che ci siano delle gravi conseguenze a livello ambientale. Un consumo che nasce da un rinnovamento culturale: le persone provano maggiore soddisfazione nel fare esperienze rispetto al possedere qualcosa.

E chi sono questi consumatori che hanno cambiato il loro sistema di valori e il loro modo di consumare? Che hanno diffuso nel mondo un nuovo modo di vivere, più intelligente ed ecosostenibile? Sono i Millennials, ovvero i giovani nati tra i primi anni '80 e i primi anni 2000, quelli sempre con lo smartphone a portata di mano per cercare occasioni, scambiare oggetti, vendere e comprare online. Le piattaforme tecnologiche infatti giocano un ruolo fondamentale, perché la compravendita sul web vale ben 7,1 miliardi di euro, coinvolgendo il 15% della popolazione italiana.

Produrre, consumare, vendere, riutilizzare: l'economia circolare e il mercato dell'usato hanno portato alla nascita di una generazione che modifica tutto ciò che è usato in materia creativa da rigenerare. Cambiano le aspettative, le competenze, le soddisfazioni, passando dalla società del possesso a quella dell'accesso, dell'utilizzo e della condivisione. Si tratta di un fenomeno sempre più trainante, lo specchio di una rivoluzione socio-culturale, economica e ambientale che progredisce ogni giorno di più.



Perché l'usato è diventato una scelta di vita?


  • Ecologia e l'ecosostenibilità. Le persone si interessano sempre di più all'ambiente, ai cambiamenti climatici e ai problemi causati dall'inquinamento. Vendere e comprare l'usato permette di non sprecare oggetti, di rimetterli in circolo evitando che finiscano nel cestino troppo presto. La conseguenza è un maggior rispetto per ciò che si possiede e la consapevolezza di entrare a far parte di una community del riuso che con un piccolo gesto aiuta a sostenere e preservare la salute ambientale.

  • Intelligenza e astuzia. Vendere usato è il metodo migliore e più veloce per liberare casa dagli oggetti inutilizzati, creando così maggiore spazio per le cose che interessano davvero. È un modo intelligente per eliminare il superfluo, perché non solo è la soluzione alla confusione ma permette anche ad altre persone di acquistare oggetti ancora belli e più convenienti.

  • Il piacere di vendere. Non si parla più del guadagno ricavato dalla vendita, ma del piacere che si prova nell'esporre il proprio usato in una ambiente bello e confortevole, e vederlo apprezzato da altre persone. Della serie: "mi rende felice che i miei oggetti usati possano piacere a qualcuno che non conosco". Il gusto di vendere grazie al supporto di un negozio e di una vetrina fisica che attira cresce sempre di più.

  • Il piacere della scoperta e del ricordo. Le case straripano di oggetti, di cimeli, di ricordi. Spesso però non si ha lo spazio o il tempo per prendersene cura. Chi vende il proprio usato sa che può fare affidamento su altre persone affinché i loro oggetti vengano apprezzati e continuino a vivere. A volte la necessità di liberare casa porta anche alla riscoperta di cose che si pensava d'aver dimenticato. Non è meglio dargli nuova vita invece di lasciarle abbandonate in un angolo?

  • Gioco e anticonformismo. Vendere e comprare usato vuol dire entrare a far parte di una community, avere la possibilità di scambiare oggetti e trovare qualcosa che si cercava da tempo. Si trasforma così in un gioco di dare e ricevere sempre più interessante, particolare ed insolito. È una moda che trasforma una semplice compravendita in un atto entusiasmante che entra a far parte della nostra cultura.

La concezione dell'usato ha fatto passi da gigante negli ultimi anni, soprattutto in Italia dove i pregiudizi legati al mercato di seconda mano erano (e in parte lo sono ancora in alcune regioni) molto più forti rispetto all'estero. Due cose sono certe: l'usato non è più solo una questione di mero guadagno o risparmio, né viene visto come qualcosa di serie B. Piuttosto, l'usato oggi è un'esperienza, una scelta e uno stile di vita, vissuto senza preconcetti e, anzi, apprezzato da chi è sempre più coinvolto nelle trasformazioni sociali ancora in atto e nei cambiamenti climatici ai quali tutti i cittadini del mondo sono chiamati a rispondere.

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