Secondhand: Definizione, Normative ed Esempi Pratici
Il secondhand, che evoca immagini di oggetti con storie da raccontare e di un'economia circolare in crescita, è diventato un pilastro per chi cerca un'alternativa sostenibile al consumismo sfrenato. Il fascino del secondhand risiede nella sua capacità di combinare sostenibilità, unicità e risparmio. Ogni oggetto di seconda mano porta con sé una storia, un passato che lo rende unico e speciale. Questa unicità offre ai consumatori la possibilità di esprimere la propria personalità in modi che gli articoli prodotti in serie non possono eguagliare. Ma c'è di più: il secondhand rappresenta una scelta consapevole verso uno stile di vita più sostenibile, riducendo l'impatto ambientale e promuovendo il riutilizzo delle risorse.
In un mondo in cui il cambiamento climatico e l'inquinamento sono preoccupazioni crescenti, il secondhand rappresenta una risposta concreta e accessibile. Attraverso l'acquisto di articoli usati, si contribuisce a diminuire la domanda di nuovi prodotti, riducendo così la produzione di rifiuti e l'utilizzo di materie prime.
Questa tendenza è particolarmente evidente anche tra i giovani, che abbracciano sempre di più il secondhand come una filosofia di vita. I negozi di articoli di seconda mano stanno diventando il nuovo retail, presentandosi con vetrine attraenti e ambienti curati, al pari dei negozi tradizionali. Per i giovani, acquistare secondhand non è solo una questione di risparmio, ma un modo per esprimere individualità e impegnarsi attivamente nella lotta contro il consumismo eccessivo.
Cosa significa secondhand?
Secondhand, o second-hand, è un termine inglese che significa "di seconda mano" in italiano. Si riferisce a qualsiasi oggetto che è stato precedentemente posseduto o usato da qualcun altro.
In altre parole, un oggetto secondhand non è nuovo di zecca, ma è stato già utilizzato da un proprietario precedente. L’oggetto in questione può essere un capo d’abbigliamento, un mobile, un libro, un’automobile, un elettrodomestico, un giocattolo o anche un oggetto d’antiquariato.
Gli oggetti secondhand possono essere acquistati in vari modi, ad esempio:
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Negozi di seconda mano: vendono una vasta gamma di prodotti usati, gli articoli vengono scrupolosamente selezionati da un personale esperto del settore per garantire qualità e funzionalità;
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Mercatini delle pulci: sono un ottimo posto per trovare oggetti secondhand unici e vintage, ma a volte non hanno un controllo qualitativo alto come nei negozi dell’usato;
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Siti web di vendita online: ci sono molti siti web che permettono di acquistare e vendere oggetti secondhand, tra cui eBay e Subito.it;
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Gruppi di scambio online: sono un modo gratuito per scambiare oggetti secondhand con altre persone.
Esistono diverse ragioni per acquistare oggetti secondhand:
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Ridurre l'impatto ambientale: acquistare oggetti secondhand aiuta a ridurre la domanda di nuovi prodotti, il che può portare a una minore produzione di rifiuti e a un minor consumo di risorse;
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Trovare oggetti unici: i negozi di seconda mano sono spesso pieni di oggetti unici e vintage che non si trovano nei negozi tradizionali;
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Dare una nuova vita agli oggetti: acquistare oggetti secondhand significa dare loro una nuova vita invece di mandarli in discarica;
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Risparmiare denaro: gli oggetti secondhand sono generalmente molto più economici degli oggetti nuovi.
Esistono delle differenze tra secondhand e vintage?
Sì, c'è una sottile differenza tra secondhand e vintage. Un oggetto secondhand è qualsiasi oggetto che è stato precedentemente posseduto o usato da qualcun altro, indipendentemente dalla sua età. Un capo è considerato vintage invece se ha almeno 20 anni, riflette lo stile e i materiali di un'epoca specifica, mantiene un certo grado di originalità e autenticità, oppure nel tempo è aumentato il suo valore monetario ed il suo valore storico e/o culturale.
Quindi, tutti gli oggetti vintage sono secondhand, ma non tutti gli oggetti second-hand sono vintage.
Normative sul secondhand in Europa e in Italia
In Europa, la normativa sul commercio di beni usati è regolata dalla Direttiva 94/5/CE, nota anche come VII direttiva CEE. Questa direttiva introduce il cosiddetto regime del margine per evitare la doppia imposizione IVA sui beni usati, oggetti d’arte, da collezione e d’antiquariato.
In Italia, il regime del margine è disciplinato dal Decreto Legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito con modificazioni dalla Legge n. 85 del 1995. Questo regime consente ai rivenditori di calcolare l’IVA solo sul margine economico, ovvero la differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto del bene usato. Questo metodo è particolarmente utile per i commercianti di beni usati, poiché riduce l’onere fiscale complessivo.
Oltre a questo, il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS), approvato con il Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773, è il principale riferimento normativo in Italia per la regolamentazione della pubblica sicurezza. Questo testo unico contiene disposizioni relative alla tracciabilità e alla sicurezza delle operazioni commerciali, comprese quelle riguardanti i beni di seconda mano.
Per quanto riguarda la tracciabilità, il TULPS prevede che i rivenditori di beni usati possano acquisire beni in massa e, solo nel caso dei beni oltre un certo valore economico, debbano tenere un registro delle operazioni di acquisto e vendita, includendo dettagli come il tipo di bene, il marchio, il modello, il numero di serie e i dati identificativi del fornitore e dell’acquirente. Questo sistema di registrazione è fondamentale per garantire la trasparenza e la sicurezza nelle transazioni di beni di seconda mano, prevenendo il commercio di beni rubati o di provenienza illecita.
Un occhio di riguardo va anche alla normativa ambientale. Il rapporto Ispra del 2022 ha evidenziato che sono state intercettate 232.000 tonnellate di beni usati dai vari operatori del settore conto terzi. È proprio grazie al lavoro degli operatori che il settore del riutilizzo va avanti in Italia. Questo dato rappresenta un passo significativo verso la sostenibilità ambientale, poiché il riutilizzo e la preparazione per il riutilizzo sottraggono importanti quantità di rifiuti allo smaltimento.
Per riutilizzo si intende qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti vengono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti.
Preparazione per il riutilizzo indica invece quelle operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento.
Il secondhand: un trend in aumento in Italia
È difficile al momento riuscire a censire il settore dell’usato e quindi conoscere l’effettivo trend di crescita a causa dell’inadeguatezza dei Codici ATECO, i quali escludono la maggior parte del settore e a tratti includono altre categorie che, pur trattando usato, non rientrano nel concetto di prevenzione. I dati Doxa continuano a fare molto scalpore poiché parlano di un volume d’affari di 26 miliardi di euro nel 2023, quindi l’1,3% del PIL nazionale, includendo anche le automobili. Tuttavia, si tratta di un dato impreciso.
Secondo il Rapporto Nazionale sul Riutilizzo, scritto dall’Osservatorio del Riutilizzo di Occhio del Riciclone Italia ONLUS in partenariato con Labelab e Rete ONU, ci sono oltre 100.000 operatori divisi in diversi segmenti che ogni anno garantiscono il riuso di 8 kg di rifiuti ad abitante, senza ricevere finanziamenti pubblici.
Per capire il reale andamento del settore dell’usato dobbiamo suddividerlo in macro-segmenti. Il primo gruppo è rappresentato dai negozi dell'usato in conto terzi. Secondo i dati Leotron, integrati con quelli forniti da Mercatino SRL, questi hanno mostrato un incremento del fatturato medio per negozio del 14,8% tra il 2015 e il 2019. Ciò si traduce in un aumento di fatturato stimato nel 2019 intorno al 17% rispetto al 2015. Pertanto, è ragionevole supporre che le provvigioni attive del segmento conto terzi, che nel 2015 ammontavano a oltre 344 milioni, siano salite a oltre 403 milioni nel 2019. Il secondo gruppo è quello dell’usato online per il quale risulta, nel 2019, un volume d’affari pari a 230 milioni di euro e un incremento del 15,3% rispetto ai livelli del 2015. Il terzo gruppo è costituito dagli operatori degli indumenti usati, con un calo nei fatturati delle imprese pari al -13% a causa del crollo dei prezzi di mercato dell’originale e del selezionato. Infine, abbiamo l’usato ambulante, che negli ultimi anni si è mantenuto costante. Questa classificazione fornisce una dimensione molto più realistica del settore dell’usato in Italia.