REP: i punti di forza degli operatori dell'usato
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REP: i punti di forza degli operatori dell'usato

Martedì 13 Luglio 2021
Alessandro Giuliani

La legge 116 del 3 settembre 2020 amplia la gamma dei prodotti che saranno oggetto di Responsabilità Estesa del Produttore (REP), e a essere coinvolti da questo cambiamento saranno anche beni durevoli come i mobili, gli indumenti e i materassi e la priorità sarà data al riutilizzo. Anche per gli apparati elettrici ed elettronici, già soggetti a regimi REP, il riutilizzo diventerà prioritario.

rep_operatori_usato

Questo scenario, come già spiegato in un mio precedente articolo, avrà un forte impatto sul settore dell'usato e sui suoi operatori. La norma prevede che a governare i sistemi REP siano i produttori e distributori del nuovo, e che gli operatori dell'usato vengano coinvolti solo quando possibile. Sostanzialmente, gli operatori dell'usato dovranno dimostrare di essere utili e necessari, e avranno occasione di farlo innanzitutto nei tavoli ministeriali che definiranno il funzionamento dei regimi REP. A questi tavoli non potranno andare imprese particolari perché, fortunatamente, la norma italiana e quella europea vietano ai singoli di compiere azioni di advocacy che potrebbero favorirli nel mercato a scapito dei loro competitor. Ma avendo una loro associazione di categoria (Rete ONU), gli operatori del riutilizzo potranno far sentire la propria voce ed essere ascoltati. I principali argomenti che gli operatori dell'usato potranno portare con successo ai tavoli sono due:

 



Il primo argomento è interessante soprattutto per i produttori di beni nuovi che, chiamati a organizzare il riutilizzo, in questo momento non hanno idea di come procedere. Il secondo argomento, invece, è importante soprattutto per le istituzioni pubbliche; queste ultime infatti sono incaricate di promuovere l'utilità collettiva e coinvolgendo gli operatori dell'usato avranno la garanzia che il riutilizzo venga effettivamente fatto.

I produttori di beni nuovi, infatti, al di là di quanto stabilisce la legge, non sono interessati a far prosperare il mercato della seconda mano e ad allungare la vita dei beni. Non è una questione di maggiore o minore sensibilità verso l'ambiente, ma fisiologica, economica e di mercato. In assenza di efficaci correttivi normativi, negli ultimi quindici anni l'industria dei beni di consumo ha reagito alla crisi offrendo materiali di qualità sempre più bassa e puntando su una rotazione di consumo sempre più veloce. Un esempio eclatante di questo trend è il fenomeno del fast fashion: abiti che costano pochissimo, sempre alla moda, e di qualità talmente bassa da essere quasi usa e getta. Un altro esempio sono le strategie di obsolescenza programmata che coinvolgono soprattutto i produttori di high tech; in Europa tali strategie negli ultimi anni sono state oggetto di importanti iter giudiziari e di multe milionarie. Inoltre, in presenza di regimi di REP, i produttori tendono a prediligere il riciclo al riutilizzo; il riciclo infatti genera materie prime seconde che possono vantaggiosamente reimmettere in circolo nelle loro industrie, mentre il riutilizzo sottrae fette di mercato. Non mancano proposte visionarie come quelle avanzate dalla Fondazione McArthur, che cercano di sovvertire la dinamica di interesse delle multinazionali sostituendo la vendita di beni come gli indumenti e gli arredi con formule di leasing; ma la fattibilità di questi scenari non è ancora comprovata ed è difficile che si concretizzino nel breve termine. Allo stato attuale, gli operatori del riutilizzo hanno ottimi argomenti per conquistare il protagonismo che si meritano nelle filiere REP, ma devono rendersi conto che anche gli scenari per loro più positivi implicheranno alcuni cambiamenti nel loro modo di lavorare.

A fronte di benefici finanziari, economici ed operativi, gli operatori del riutilizzo dovranno offrire ai produttori misurazioni puntuali dei risultati di riutilizzo ottenuti. Inoltre, la maggior quantità di beni usati disponibile sul mercato creerà nodi intermedi di preparazione per il riutilizzo e di ingrosso che troveranno canali non solo sul mercato nazionale ma anche su quello internazionale, generando dinamiche da filiera matura delle quali tutti gli operatori del riutilizzo, anche quelli più piccoli, dovranno tener conto.


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