Ottawa, i governi ascoltano gli operatori dell’usato
A fine aprile i delegati di 174 nazioni si sono incontrati a Ottawa per il quarto e penultimo ciclo di discussioni contro l’inquinamento della plastica, con l’obiettivo di firmare entro il 2024 un Trattato Internazionale legalmente vincolante. Sul tavolo della discussione c’era l’intero ciclo di vita della plastica, dal design alla produzione, fino ad arrivare alla gestione del fine vita. I governi hanno parlato dell’ opportunità di ridurre la produzione della plastica, e di adottare soluzioni di circolarità per favorirne il riutilizzo e il riciclo. Tra gli invitati a questa iniziativa intergovernativa di contrattazione c’era anche Rete ONU, la rete italiana degli operatori dell’usato, che rappresentava l’Europa nella delegazione dell’International Alliance of Waste Pickers (IAWP): la rete mondiale che riunisce gli operatori vulnerabili che lavorano nelle filiere della gestione dei rifiuti, dal riutilizzo alla raccolta in strada fino al picking nelle discariche. Una popolazione di oltre venti milioni di persone che chiede di partecipare ai nuovi scenari di economia circolare che si aprono con il Trattato; come in ogni transizione, difatti, il rischio è che i soggetti più deboli vengano espulsi dal sistema.
Per Rete ONU era presente Pietro Luppi, direttore del comitato scientifico dell’associazione, che assieme alla delegazione di IAWP ha incontrato i delegati del governo statunitense, i delegati del governo canadese, la delegazione dell’Unione Europea e la segretaria generale dell’UNEP IngeR Andersen. Rete ONU è stata ascoltata anche in un evento organizzato dal governo brasiliano, al quale hanno partecipato numerosi delegati di governi latinoamericani, africani ed asiatici.
“Per molti delegati governativi apprendere che anche in Europa esiste un’ampia popolazione vulnerabile che vive di attività di recupero è stata una grande sorpresa, nonostante essa sia visibile nelle periferie di tutte le grandi città” ha detto Luppi al ritorno dal Canada. “Nel settore del riutilizzo europeo gli operatori vulnerabili sono una maggioranza silente ma che fa la maggior parte del lavoro, insieme alle microimprese a conduzione familiare. Sono operatori che raccolgono beni usati nei cassonetti o nelle cantine, per rivenderli nelle strade, nelle piazze, nei mercati delle pulci e nelle fiere, che da molti anni chiedono disperatamente di essere integrati in filiere più strutturate di riutilizzo e preparazione per il riutilizzo, per regolarizzare il loro lavoro e migliorare la loro condizione di vita. In Europa questi operatori non sono ancora riconosciuti come invece accade in Brasile o India, e il principale motivo della nostra presenza negli incontri intergovernativi contro l’inquinamento della plastica è che inizino a essere presi in considerazione. L’Europa non prende nella dovuta considerazione neanche le decine di migliaia di attività a conduzione familiare che gestiscono negozi dell’usato, che nonostante il loro lavoro ecologico sono sfavorite da quadri normativi e fiscali che non tengono conto della loro peculiare forma di lavorare; le istituzioni pubbliche europee, nazionali e locali, che per legge sono chiamate a promuovere il riutilizzo, tendono a ignorare la realtà del fenomeno e a utilizzare i fondi pubblici solo per favorire gruppi particolari che hanno capacità di pressione politica”.
“Il riutilizzo fa parte della circolarità e ne fanno parte molti soggetti vulnerabili, che noi rappresentiamo - ha dichiarato Alessandro Stillo, presidente di Rete ONU. “Nell’incontro di Ottawa siamo riusciti a far sentire la voce di questa categoria che lavora nel settore del riutilizzo e che in Italia è rappresentata da oltre 50mila persone”.
“Stiamo chiedendo una transizione giusta nel trattato” ha aggiunto il portavoce dell’associazione Alessandro Giuliani. “Una transizione che dovrebbe partire soprattutto da programmi di inclusione emersione, regolarizzazione delle economie vulnerabili del riutilizzo”.
Secondo la definizione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), Just Transition significa: “gestire la transizione nel modo più equo possibile, includendo tutti gli interessati, creando opportunità di lavoro dignitose, senza lasciare nessuno indietro”.
Le decisioni finali sul Trattato della Plastica, includendo gli aspetti legati alla transizione giusta e all’inclusione dei soggetti vulnerabili, saranno prese nell’ultimo ciclo di incontri, che si terrà il prossimo novembre a Busan, in Corea del Sud.